Spider-Man, Tim, la Piccola Fiammiferaia, l’Accabadora
Cosa c’entra il vino CRIFO con SPIDER-MAN
A volte, provare ad esercitarsi in qualche dolce ”violenza” interpretativa su un testo, comparandolo e raffrontandolo con altri, di generi e linguaggi differenti, potrebbe essere utile perché, da quella ”violenza”, potrebbero affiorare, come da nuove, strane e sbilenche angolazioni, significati nascosti del testo in esame. Sarebbe come provare a mescolare, shakerare, con sapienza, l’ essenza di un frutto con un goccio di gin o di vino Grifo d’annata perché possano liberarsi nuovi aromi che quella originaria bevanda, prima, teneva gelosamente custoditi nel suo corpo. Provate, infatti, ad aggiungere dello zucchero a un frutto e quel frutto vi farà conoscere qualche virtù di sé che timidamente, virginalmente, teneva nascosto. Come la vita per cui, quando a questa si mescola un ingrediente diverso, acquista un altro sapore, un altro senso. Come un colore che, su uno sfondo cromatico differente, acquista un’altra tonalità. E noi, allora,dopo aver assaporato, visto ciò che prima immaginavamo non essere, rimaniamo sorpresi, un po’ spiazzati, e finiamo col riconfigurare il nostro sguardo su quel testo, che da quel momento sarà sentito, letto e compreso in maniera differente…
Ma verso questo percorso di scoperta e di sorpresa, siamo condotti non da un preciso approccio metodologico analitico e deduttivo, né siamo guidati da precedenti fondate ipotesi che svilupperemo, poi, con attenti raffronti e verifiche testuali, ma ad esso siamo esposti, senza rete, perché sorretti unicamente da un indefinito sentimento, da semplici intuizioni e tensioni (e ogni testo è sempre un insieme di molteplici sensi e infinite tensioni, anche una parola, una nota lo è), che ci rendono inquieti. Ci fanno scivolare fuori dall’ordinario, ci fanno rischiare, perché solo alla fine, errando (nel rischio di un profondo errore, ”violenza” testuale), ci potrebbero far scoprire l’ ”inaudito”e l’ ”inedito” di quella scrittura o ci potrebbero far ”mortalmente” cadere. Nel senso che, trascinati da una vaga intuizione, ”fede”, di quella che è la ricchezza di un testo, sviluppiamo, attraverso un processo di interne ”gemmazioni”, interne progressive ramificazioni e fioriture, per sotterranei tunnel con altre scritture, attraverso una specie di errante effetto ”domino”, altre possibili intelligenze e comprensioni del testo. Solo, infatti, se si ”osa” aprire una misteriosa finestra su un nuovo mondo, questa ci permetterà di ”cadere” dentro un nuovo paesaggio, di osservarlo e da qui, poi, poterne aprire un’altra e così via, per progressioni sempre incerte. E ogni intelligenza e interpretazione non sarà mai un tutto compiuto e definito, non potrà mai essere, hegelianamente, l’intero che si svela alla fine, ma sarà sempre,con nostro rischio e grave pericolo, al massimo un tutto coerente prospettico e parziale, pericolosamente fallibile , e che forse solo dopo, muovendoci all’incontrario, potrebbe baluginare aprendoci a qualcosa di nuovo.
TIM, l’Uomo-Ragno e la Piccola Fiammiferaia
Così, in questo nostro discreto contributo di riflessione all’ ”Alma Musae”, anche noi siamo condotti, quasi sospinti , a un rischioso raffronto intertestuale. Non lo sapevamo prima che potesse accadere, ma come guidati da una misteriosa forza, attraverso raffronti e contrappunti del testo in esame con altra scrittura, si è progressivamente svelato a noi qualcosa di inedito di questa storia…
Cosa? E, prima di tutto, di quale testo base stiamo parlando?
Di una delle più belle e originali storie one-shot di Spider-Man, ”Il ragazzo che collezionava l’Uomo-Ragno”, una breve storia del gennaio 1984, scritta da Roger Stern e disegnata da Ron Frenz e Terry Austin. L’epoca è quella reganiana, della celebrazione del capitalismo liberistico più spinto e della religione dell’individualismo rampante e competitivo, ma la storia Marvel funziona come un suo controcanto, in un certo senso come una sua implicita denuncia: il supereroe si china su un ”povero” ragazzo per ascoltarlo, essergli vicino e rivelargli anch’egli tutte le sue debolezze e paure. Ma, soprattutto, alla fine, l’eroe dai grandi poteri mostrerà e vivrà tutta l’assoluta sua impotenza di fronte al dolore mortale.
Qual è però il nostro ”azzardo” e rischio nella sua lettura? E’ nel prendere come sfondo contrappuntistico di quel racconto a vignette, per una sua ”errante” comprensione, quanto di più estraneo potrebbe apparire, un testo ”sacro” della narrativa per ragazzi: ”La Piccola Fiammiferaia”, scomodando implicitamente uno dei più grandi autori di quella letteratura, Hans Christian Andersen. In ciò, però, un nuovo paesaggio di segni, si potrebbe aprire, potrebbe insorgere un diverso scenario prospettico, da cui guardare in altro modo quel nostro testo…
Vediamone, allora, procedendo per gradi, le tracce di questo impervio sentiero sterrato, le implicite, suggestive corrispondenze tra i due testi…
Di cosa parla, prima di tutto, quella storia di Spider-Man?
Nella tavola che apre la storia, su un ritaglio di giornale (”Daily Bugle”, da dove il direttore J.Jonah Jameson conduce da sempre una campagna di odio nei confronti del Tessiragnatele), il cronista spiega che ”Timoty Harrison è un ragazzo speciale. E’ brillante, piacevole, intelligente e ha nove anni… Parlate con lui per cinque minuti e avrete la sensazione che, nonostante il suo aspetto infantile, sappia già il fatto suo. Tim (non vuole essere chiamato Timmy) è come molti altri ragazzi della sua età. Ha visto la serie cinematografica di ‘Star Wars’ almeno una dozzina di volte e gli piace tutto quel rumore che oggi passa per musica. Quello che rende Tim diverso dai suoi coetanei è che coltiva un hobby che J.J.J., il direttore di questo giornale, disapproverebbe certamente. Tim colleziona l’Uomo-Ragno. Possiede un enorme baule pieno di feticci dell’Uomo-Ragno.” Il suo più grande desiderio? ”Incontrare l’Uomo-Ragno e parlare con lui per qualche minuto”.
La funzione di quel ritaglio, come spesso accade nei graphic novel di Will Eisner, è di essere non solo un esplicito marcatore temporale e spaziale, per collocare la storia in un certo contesto, ma, dal punto di vista narrativo, la sua funzione, soprattutto in questo caso, è quella di presentare i personaggi fondamentali, è quella di ”drammatizzarli”, ”lanciarli” in campo, farli agire, rimanendo, comunque, nel suo svolgimento, lo sguardo/voce narrante, esterno, invisibile… Ben diverso il racconto di Andersen, dove l’autore accompagna la protagonista e la sua storia dall’inizio alla fine. Quasi la prende per mano, quando esce da casa con larghe e consunte pantofole che presto perderà, quando cammina con i piedi lividi dal freddo e trova nel suo vecchio grembiule un gran numero di fiammiferi, quando ha molta fame e molto freddo,quando, accendendo i fiammiferi, sogna… le stelle… Solo verso la fine del racconto, quando alla fiammiferaia le sembra di vedere la nonna, che lei ama tanto e che era morta, l’autore la lascia sola, facendola parlare in prima persona, passando al discorso diretto: ” Nonna, gridò la bambina, portami con te!”
Solo allora il tempo imperfetto dei verbi con cui la storia della povera ragazzina è stata raccontata , e che indica l’incompiuto svolgimento dell’ azione della protagonista, viene squarciato, si fa, nella forma ottativa, presente come attimo non più duraturo ma compiuto. La tensione dell’imperfettivo si acquieta in un’assoluta invocazione al presente senza più altro futuro. E tra quel tempo e questo, c’è la figura della nonna che, rispondendo all’appello, anche formalmente, linguisticamente, oltre che figurativamente, si presenta, come diremo,come un traghettatore di tempi e di vita…
Ben altro lo sviluppa del racconto di Spider-Man. Qui è la dimensione della cronaca quella che, incorniciandola, dà respiro e tensione alla storia, la quale, proprio per questa scelta stilistica, non potrà che essere organizzata e sostenuta dal tempo presente, mentre, anche per la diversa arte della narrazione, sarà nel montaggio figurale dei testi scritti, dei corpi e dello spazio, che il tempo dinamico della storia troverà una sua coerente drammatizzazione. Nella ”Piccola fiammiferaia” è il tempo nel passaggio tra le sue due declinazioni, che segna e annuncia il destino della piccola protagonista (dall’imperfetto al presente), nel ”Ragazzo che collezionava l’Uomo-Ragno”, essendoci un solo tempo, è la dinamica e dialettica dello spazio nelle tavole, con balloon e disegni, che dipana la storia, facendo avanzare e facendoci scoprire il destino. E lo stesso tempo con cui il cronista-narratore spiega, nell’ultima vignetta, dopo la narrazione grafica della visita dell’Uomo-Ragno a Tim, che a questi restano solo poche settimane di vita, per cui è bene che il supereroe faccia, quanto prima, visita al ragazzo, quel tempo è non solo appianato, vivente sempre come presente, in una logica di piana evidenza, ma il presente si esprime in una dimensione di assoluta, quasi onirica circolarità (al termine della storia, si ha la sensazione che tutto debba ancora accadere o ricominciare). Insomma, se nella piccola fiammiferaia, la morte è invocata, è un evento della preghiera, e, in in quanto tale, non può che appartenere a un altro tempo, e viene da un altro tempo, nel ragazzo che colleziona l’Uomo-Ragno, tutto è già dispiegato nel tempo spazializzato, è immodificabile immagine di un presente ritorno che è già vita-morte,che si può solo dipanare e non ”progettare”, per cui, al termine della lettura, si ha l’angosciante sensazione che si viva in una eterna dimensione…
Spider-Man (l’Uomo-Ragno) è il personaggio, certamente, più famoso a livello mondiale, dell’universo Marvel. Il suo ”credo” è diventato la filosofia stessa degli eroi della ”Casa delle Idee”: ”Da grandi poteri, derivano grandi responsabilità.”
Dietro la maschera si nasconde il giovane-adolescente Peter Parker che, morso da un ragno radioattivo durante una visita scolastica a un laboratorio di scienze, diventa l’Arrampicamuri.
Peter Parker è un liceale che si presenta come normale ed eccezionale. Timido, impacciato con le ragazze, con un complesso d’inferiorità, che vistosi occhiali da vista si incaricano di evidenziare ancora di più, è soggetto al bullismo dei suoi compagni di scuola. Introverso,spesso impegnato in un dialogo interiore fatto anche di forti sensi di colpa, Peter si può qualificare come un ”nerd”. Ma è anche eccezionalmente intelligente e dotato per le scienze applicate (è lui che inventa la formidabile tela del Ragno). Squattrinato e sempre alla ricerca di qualche dollaro, che si procura con l’attività di fotoreporter free lance per il giornale Daily Bugle, il cui direttore, acerrimo nemico dell’Arrampicamuri, conduce una campagna di odio contro l’Uomo-Ragno, Peter Parker vive con l’anziana zia May che, dopo la morte dei suoi genitori, lo accudisce con grande cura e attenzione, immaginandolo come il più fragile ragazzo della Terra.
Così appare Petey nei primi anni di pubblicazione delle sue storie, prima di una più ampia e problematica evoluzione.
Spider-Man/Peter Parker è stato definito da Giorgio Lavagna come un ”eroe traumatico ”, nel senso che la sua personalità si è formata attraverso una serie di esperienze dolorose e laceranti (oltre la ”misteriosa” morte dei genitori quando era ancora bambino e il morso del ragno, la morte tragica dello zio Ben e quella terribile della sua ragazza Gwen Stacy che non è riuscita a salvare da Goblin). Ma è soprattutto il realismo psicologico dovuto alla forte aderenza, specialmente nelle storie del primo periodo (e decennio…), alle ansie, alle paure e alle problematiche, anche sociali, del mondo adolescenziale-giovanile, quello che caratterizza il nostro eroe.
L’Uomo-Ragno fu creato dallo scrittore Stan Lee e dal disegnatore Steve Ditko, e la prima storia apparve sul n. 15 della collana antologica ”Amazing Fantasy” nel 1962, e poiché riscosse un grande successo, l’editore si convinse a dedicargli, l’anno successivo, una propria testata intitolata ”The Amazing Spider-Man”. Altre testate gli saranno, negli anni successivi, dedicati tra cui ”The Spectacular Spider-Man” e, in tempi relativamente più recenti, in altri media, una serie di cartoni animati, canzoni, videogiochi e numerosi film di successo (fondamentali quelli a firma di Sam Raimi).
Se Ditko è stato il cocreatore del nostro eroe, altrettanto importante, anche nella costruzione e nell’evoluzione del personaggio, è stato il ruolo dell’altro grande disegnatore, John Romita Sr., con il quale non solo si raggiunge l’apice del successo, ma si assiste a un generale ”lifting” dei personaggi (Peter Parker ”cresce” e il suo aspetto diventa molto più gradevole e il suo fisico più maturo e prestante), e le sue storie si fanno più complesse (con ricche sottotrame) e romantiche.
Diversi gli autori che si sono, poi, succeduti nella scrittura e nella grafica delle storie dell’Uomo-Ragno. Tra i più interessanti, che hanno firmato storie fondamentali nel curriculum del Tessiragnatele: Gerry Conway (scrittura) e Gil Kane (disegno), ”La notte in cui morì Gwen Stacy”; J.M. De Matteis (scrittura) e Mike Zeck, ”L’ultima caccia di Kraven”; John Marc De Matteis (scrittura) e Sal Buscema (disegno), ”Nemici del cuore”/”Il bambino dentro”; Peter David (disegno), Rick Buckler e Sal Buscema (disegno), ”La morte di Jean De Wolff”; David Micheline (scrittura) e Todd Mc Farlane (disegno) per un importante ciclo di storie della fine degli anni ’80; Michael Straczynski (scrittura) e J.Romita Jr, (disegno) per un altro ciclo anni Duemila; Brian M. Bendis (scrittura) e Mark Bagley (disegno) che firmano il ciclo di storie ”Ultimate Spider-Man”; Dan Slott e AA.VV. , tra cui Olivier Camuncoli e Olivier Coipel (disegno), ”Ragnoverso”.
L’Accabadora e la Falena
Ma a quale figura quel narrare apre, nella storia di Spider-Man, e a quale figura quello della ”Piccola fiammiferaia”? C’è, al di là di molteplici differenze formali, contenutistiche e stilistiche, un certo simile ” paesaggio” e paradigma narrativo: ci si muove nel sottogenere di una ”fiaba crepuscolare” che mette capo, però, e si declina secondo una sua precisa configurazione e schema.
Della fiaba, prima di tutto, entrambi i racconti evidenziano alcuni comuni elementi formali fondamentali. Il protagonista che vive un ”trauma” che mette in moto e giustifica la storia: nella ragazza del racconto di Andersen è l’estrema povertà, nel ragazzo del racconto a fumetti è la grave malattia. Ad esso devono, in qualche modo, reagire e rispondere. La piccola fiammiferaia provando a vendere la sua povera merce e a illuminare il buio dell’esistenza, Tim in un cammino di ricerca e di incontro col suo eroe. In questo viaggio di sfida al loro ”trauma” (il vero antagonista, interno?), sono a loro disposizione strumenti di difesa e di iniziazione: nell’una i fiammiferi che accende per difendersi dal freddo e dalla solitudine, nell’altro i cimeli e i feticci dell’Uomo-Ragno conservati nell’enorme baule per proteggersi da un ambiente, l’ospedale, di tristezza, asetticamente devitalizzante e potenzialmente disumanizzante. In entrambi i casi, i due protagonisti si armano, comunque, di uno strumento potentissimo: la dimensione del sogno. Ma della fiaba i due racconti hanno, soprattutto, l’apparizione, l’irruzione dello straordinario e del ”soprannaturale”, del ”magico”: la nonna morta, nella fiaba di Andersen, il supereroe, in quella a vignette, che rompono con la quotidianità del dolore dei due piccoli protagonisti. Ma, ecco il perché della qualifica di ”crepuscolare”(non troviamo un altro termine da offrire) alle nostre due fiabe. In entrambi i racconti, pur con registri diversi, aleggia una tensione narrativa che non porterà a un lieto fine. Un ”cattivo” lievito le insaporisce, con segni, incurvature, allusioni, dando alla pasta delle storie, fin dall’inizio, un sapore amaro: il buio, la solitudine, il senso di abbandono e di perdita inesorabile che, per esempio,si esprimono, nella fiaba di Andersen, in quell’angolo tra due case in cui si siede la bambina stanca, in quelle finestre illuminate sentite da lei come estranee e lontane, nei sogni infranti, in quella stella cadente… o, nella storia di Spider-Man, in quel corpo di Tim che troviamo subito, già nella prima immagine, nel letto dell’ospedale, o nel gioco di ombre della stanza di ricovero e nel muro di cinta dell’ospedale che chiude ad ogni possibilità di uscita… Si avverte subito, infatti, la triste conclusione, si intuisce immediatamente dove le storie andranno a parare, e verso cui tendono inesorabilmente i movimenti narrativi…
C’è, però, in quella qualifica di ”crepuscolare” delle nostre fiabe, qualcosa in più di un sapore amarognolo e dell’assenza di un lieto fine che la giustifica.
In entrambi i racconti, il soggetto-eroe è un indefinito adolescente. Si è quindi, oggettivamente, nei pressi di quell’età (la pubertà) di passaggio dalla fanciullezza alla giovinezza-mondo adulto. Nel caso della storia dell’ Uomo-Ragno, si tratta di Tim, un ragazzo di 9 anni (”ma potrebbe averne trentacinque”), che troviamo adagiato sul lettino di un ospedale, nel caso del racconto di Andersen, di una bambina (termine vago) povera che, per aiutare la famiglia (il padre), è costretta a crescere in fretta ( a vendere fiammiferi in strada). Facciamo notare, però, che ci troviamo di fronte a soggetti in cui la situazione di intrinseca precarietà e fragilità è come raddoppiata. Non solo sono nei pressi di un’età di transizione e, in quanto tale, come ogni transizione, sono costitutivamente segnati da una ”naturale” fragilità, vivendo un passaggio da un’identità al termine, quella dell’età della fanciullezza, a un’ altra, vivendo una identità , inquietamente, da cercare,sfuggente e incerta, esperienza borderline e rischiosa, ma quei soggetti (ecco il raddoppio) sono particolarmente segnati: Tim dalla grave malattia, la piccola fiammiferaia dalla estrema povertà (e dalla violenza del padre), entrambi ai limiti della sopravvivenza…
Ma c’è qualcos altro che fa incrociare, come in un contrappunto, i loro destini. Il luogo. Se il loro tempo esistenziale è quello incipiente, incerto dell’adolescenza, il loro luogo è quello dell’esposizione al rischio. Nel caso di Tim è l’ospedale, che si fa segno visibile di un esplicito conflitto vita-morte, nel caso della piccola fiammiferaia è la strada, luogo che ti espone al rischio di tutti e di nessuno, della totale rischiosa visibilità e della disperante totale indifferenza e invisibilità.
Anche le dimensioni temporali delle storie sono di per sé borderline: nel primo caso, il tempo è quello delle ultime settimane di vita del ragazzo che collezionava l’Uomo-Ragno, nel secondo caso è l’ultimo giorno dell’anno. Siamo a cavalcioni tra due tempi e irriducibili dimensioni.
Sono queste, allora, storie ”iniziatiche”? Certo che, in forme originali, lo sono , in quanto si presentano, nei protagonisti, come percorsi di ricerca e di cambiamento di sé, come speranza, desiderio di conoscenza di vita oltre la quotidiana apparenza (Tim vuole andare oltre i feticci per conoscere il vero Uomo-Ragno, la piccola fiammiferaia desidera, accendendo i fiammiferi, allucinare una stufa, a cui riscaldarsi, sentire il profumo di un’oca arrosto per sognare di mangiare, vedere un bellissimo albero di Natale con candeline e meravigliosi giocattoli da afferrare…le stelle). Sono storie iniziatiche perché rischioso passaggio da uno ”stato” all’altro, che è sempre, se lo è realmente, incondizionata esposizione alla morte. Lo sono, come lo sono, in fondo, molti racconti fiabeschi e di formazione. Ma lo sono, forse, in altro senso, in senso forte. In che senso?
Proviamo, allora, di nuovo ad ”errare”, procedendo oltre, tratteggiando e aprendo qualche altra ”finestra” su possibili paesaggi, che gli studiosi potrebbero forse meglio individuare e spiegare con analisi più serie ed organiche…
Ci son due figure chiave in quelle ”fiabe crepuscolari” che si potrebbero tra loro richiamare come in un contrappunto…
Spider-Man e la nonna…
Qual è il loro ruolo nelle storie?
La nostra risposta è un grande azzardo interpretativo.
Entrambe sono figure di una forma particolare di psicopompo. Nel senso che, in forme narrativamente diverse , esse, proprio in quanto oggetti di un grande Desiderio, prepareranno e accompagneranno i due personaggi verso l’oltremondo. Non sono, però, traghettatori di anime, come nei miti antichi, ma traghettano invece gli uomini ”segnati” dalla vita alla morte, ci appaiono, nelle nostre storie, come altre figure di estremi confini. Forse, se non si osasse troppo a livello interpretativo, quelle due figure appaiono anche come due fantastiche declinazioni di Accabadora ( ”colei che finisce”). E sappiamo che, in senso proprio, un’ ”Accabadora” ( si veda il bel romanzo di Michela Murgia), in alcune società arcaiche, è un incerto personaggio, una donna, a cui viene riconosciuto il ruolo ”morale” di sopprimere, nel buio, il sofferente ”terminale”, traghettandolo, accompagnandolo verso l’ultimo istante. Ma, in altro senso, anche ”accabadore” di destini di trapasso potranno sempre essere immaginati e pensati.
Più evidente e sofferto appare tutto questo, e tale figura, nella piccola fiammiferaia, dove la protagonista, quando ha acceso l’ultimo fiammifero, grida alla nonna tenendole le braccia: ”Nonna! portami con te! So che quando il fiammifero si spegnerà anche tu sparirai…”
Più articolato e sotterraneo appare, invece, la figura dello Psicopompo/Accabadora nella storia dell’Uomo-Ragno dove il super eroe si presenta come un nuovo e diverso traghettatore. Ma in quale forma e aspetto? Qual è il suo modo di operare? E’ quello della fascinazione-apparizione e poi quello dell’ ultimo svelamento. Non è un caso che la vicenda si svolga la sera tardi, forse nelle prime ore della notte, mentre Tim sta per addormentarsi. Il buio della sera/notte si carica di profonde valenze e ”luccicanze”, e quel momento in cui il piccolo protagonista sta per addormentarsi segna già, come una significativa anticipazione, un confine estremo, quello tra la veglia e il sonno, tra la vita e la morte (sonno senza sogni). E’ in questo estremo confine di un sogno realizzato(”L’Uomo-Ragno vuole conoscermi?! Allora sto proprio sognando!” esclama Tim) che appare,dunque, l’Arrampicamuri, che subito chiede al ragazzo: ” Tim! Psst! Tim,sei sveglio?” ”U-Uomo Ragno! Non lo so, spero di sì” risponde il ragazzo sobbalzando dal letto per la sorpresa. Tim non può ancora dormire, non è ancora il suo momento, il momento del suo destino! Ecco è sempre un attimo prima del compimento del Destino che i nostri sogni appaiono più belli e si svelano. La luce si fa più chiara…come per la Piccola fiammiferaia a cui la nonna appare quando la bambina sfinita accende, invocandola (”Nonna, portami con te!”) e volendola continuare a vedere, i suoi ultimi fiammiferi, i più brillanti, quelli che diffondono ”una luce più intensa di quella del giorno”. E lo stesso Spider-Man appare, in quella fioca luce della notte, come un sogno luminoso, che si racconta in tutta la sua forza e fragilità… Mostra a Tim la sua potenza sollevandogli il letto dove riposa, creando con la ragnatela, per il suo piccolo collezionista, un dondolo, dove, per qualche istante, può giocare come un fanciullo, spiegandogli alcune suoi segreti, ma poi raccontando di sé, della sua nascita come super eroe, del suo senso di colpa per non aver soccorso in tempo utile e salvato, per egoismo, una persona a lui molto cara…
Soltanto una cosa l’eroe non può svelare al suo piccolo fan: la propria identità. E questo non solo perché, come gli spiega, per l’ovvia ragione che, se in giro si sapesse chi si nasconde dietro la maschera, neppure i suoi amici sarebbero più al sicuro dai nemici dell’ Arrampicamuri, ma, riteniamo, per un’altra inquietante ragione che forse ha a che fare con la sfera del mitico e della fascinazione. Chi guarda, senza specchi e maschere, senza schermo alcuno, il volto dell’ ”Altro”, della Verità del Sogno, del Desiderio, di ciò che è nascosto e oltre (super, uber) l’uomo, trova l’annuncio e decreta la propria morte. Vedere Medusa in volto, senza specchio, pietrifica. Edipo dovrà accecarsi quando avrà guardato in faccia la sua Verità.
Per questo, nei riti iniziatici, nei riti di passaggio, l’elemento della ”finzione”, le maschere e i simboli si costituiscono come proprie imprescindibili dimensioni agenti e indispensabili armamentari.
E Spider-Man questo lo sa…
Quando, nella quartultima tavola, spenta la luce, Spider-Man sta per andare via, e, nel buio e nel silenzio della notte, si sente chiamare da Tim che gli chiede se può dirgli chi è, l’eroe, nella penombra con la maschera illuminata, stringendo la tenda della finestra, con la testa leggermente reclina, sembra all’improvviso cadere in un tempo sospeso. Come trattenesse infinitamente il fiato.
Dubbio? Incertezza? Inquietudine?
Nella vignetta che segue che, non a caso, apre la pagina successiva, Spidey gli risponde che non può, che sarebbe pericoloso … ma poi, di fronte alla espressione di delusione e amarezza di Tim, alla sua affermazione “… Ma non lo dirò ad anima viva… Finché vivrò… Lo giuro!” l’eroe sembra esitare, ritornare sui suoi passi, dubitare …Sta profondamente pensando a qualcosa.
E, sul punto di andare via, ecco che, nella penombra, si gira verso Tim, si toglie la maschera e gli rivela: ”…Io sono Peter Parker!”.
Nelle successive vignette, i loro volti si sveleranno …
La sequenza delle vignette delle tavole è molto bella. Si ritma secondo un suggestivo montaggio alternato e di rapide, differenti inquadrature, campi-controcampi, luci e ombre, differenti focus prospettici, di espressioni del volti dei due protagonisti che passano dalla gioia alla tristezza, dal dubbio alla amara rassegnazione, dall’incredulità alla tenera complicità degli sguardi e dell’abbraccio.
Ma su cosa ha esitato l’Uomo-Ragno? Perché è stato, l’eroe, così pensieroso? E per chi, lo svelamento sarebbe stato, soprattutto, pericoloso? E perché, sapendo che il ragazzo non aveva molto tempo da vivere, non considerare subito quell’atto di autosmascheramento, anche se pericoloso per sé e i suoi affetti, come un pietoso dono di sé verso Tim? Perché tardare nella scelta? Perché, dunque? Un’altra risposta, allora, potrebbe essere questa… Forse ( azzardo interpretativo!), quello svelamento della propria identità avrebbe portato Tim a guardare in faccia il proprio Sogno, a smascherarlo, sarebbe stata la fine del Sogno, di ogni sua sublimazione, fine come consapevole propria fine… La fine del Desiderio, dunque, come anticipazione della propria morte… Se la vita è Sogno e Desiderio…
E di questo si mostra consapevole il supereroe, quando, nella penultima vignetta della storia, questi, dopo il grande abbraccio di saluto con Tim, in piedi sul muro di cinta dell’ospedale, nella penombra, poggia il capo inclinato sulla mano, in un sentimento che sa di sconfitta, di dolore, forse di pentimento…Nella penultima vignetta della precedente tavola, Peter Parker, l’eroe che si è appena smascherato, abbracciando il suo ragazzo, con un affranto volto, illuminato in primo piano , aveva esclamato a Tim in due diverse nuvolette: ”Ehi…è davvero tardi ormai!” ”Devo andarmene. E tu devi dormire!” Ora, il ragazzo che collezionava l’Uomo-Ragno, può dormire!
Anche nella piccola fiammiferaia, anche se in maniera diversa, è l’apparizione della nonna, del suo grande Desiderio/Sogno dell’Altro, che segna e dispiega la propria morte…” ‘Vieni!’ disse la nonna, prendendo la bambina fra le braccia e volarono via insieme nel gran bagliore.”
Allora ecco che quelle figure rivestono il diverso e coincidente ruolo di Desiderio e suo Svelamento, di annuncio di morte e di ”Accabadora”, e rimandano a uno stesso prisma e paesaggio poetico, a quella particolare figura di Iniziazione come Destino ultimo, come Desiderio/Pericolo di Trapasso.
Ma è aprendo anche un’altra ”finestra” interpretativa che quel nuovo paesaggio potrebbe forse annunciarsi più chiaramente e meglio specificarsi.
Cosa potrebbero suggerire, nel contesto di iniziazioni e accabadore, quei particolari fiammiferi che la bambina di Andersen accende nella notte dell’ultimo dell’anno, e quei feticci/cimeli che Tim ”accende” (fa risplendere, svela) a Spider-Man, nelle ombre ormai tarde dell’opedale? Forse potrebbero suggerire la stessa cosa. Si presenterebbero come un estremo tentativo e ”gioco poetico” di sopravvivenza dei due ragazzi. Potremmo dire, se non osassimo troppo, cadendo nell’azzardo di un rischioso paesaggio interpretativo, che quei fiammiferi, quei cimeli, che i protagonisti fanno risplendere e mostrano quasi ”compulsivamente”, somigliano ai tanti tasselli-racconti, a quei racconti fantastici che Sherazade, nelle ”Mille e una notte’‘, fa al Sultano per non morire, quantomeno per rinviare il suo ”destino” e la sua condanna, per arrivare all’alba. E anche qui siamo in un tempo raccontato che è quello della notte. Ma a differenza di Sherazade, Tim e la Piccola fiammiferaia non conosceranno l’alba ma il Trapasso in un totalmente Altrove, in un totalmente Altro Tempo. E quindi, a pensarci bene, paradossalmente, è con quegli stessi oggetti ”magici”, che i due ragazzi evocano le accabadore che li accompagneranno alla Soglia. La nonna per la piccola fiammiferaia e l’Uomo-Ragno per Tim sono le figure dei loro grandi Desideri e Sogni, evocate dalla brillante luce di un fiammifero e dal grande baule di feticci, ma, in quanto tali, pietosamente, quelle figure si faranno anche loro ultimi traghettatori.
Allora quelle dei due ragazzi saranno sì sfide, saranno sì iniziazioni, ma non di formazione alla vita ma di sfide estreme, di gioco, assurdo e paradossale, di trapasso dell’esistenza… E quei fiammiferi e quei cimeli che aprono al sogno e all’incanto, che chiamano e illuminano le persone infinitamente desiderate, accendendole e mostrandole, le sveleranno, alla fine, senza più specchi né maschere: si presenteranno, queste, come loro vero, assoluto e primo Desiderio, simili a Fuochi, però, che incantano e bruciano i due piccoli protagonisti.
In quale configurazione di paesaggio siamo, allora,caduti o forse precipitati?
In un paesaggio iniziatico e umbratile di ragazzi-falene.
Nel buio della notte, le falene, con ritmi e differenti suoni, danzeranno sul vento delle Accabadore e dei Sogni, desiderando, saranno chiamati da quella Luce e verso quel Fuoco volteggeranno…
Enigmi della Umanità di fronte ai confini dell’Esistenza e del Destino…
Nei dolci sogni dell’alba:
Giovanni, Tim, La Piccola Fiammiferaia…
”Dopo interminabile attesa quando la speranza già cominciava a morire, Giovanni ritornò alla casa sua. Non erano ancora suonate le due, sua mamma stava sparecchiando, era una giornata grigia di marzo e volavano cornacchie.
Egli comparve improvvisamente sulla soglia e la mamma gridò: ”Oh benedetto!” correndo ad abbracciarlo…Ecco il momento aspettato per mesi e mesi, così spesso balenato nei dolci sogni dell’alba, che doveva riportare la felicità.”
Ci sono anche falene che ritornano, a volte, per un momento, da quel Fuoco, ci racconta il grande Dino Buzzati nel ”Mantello”.
Ritornano in quei ”dolci sogni dell’alba”, come Giovanni.
E anche Tim e la Piccola fiammiferaia, ragazzi- falene, e altri bambini- falene ritorneranno, per un attimo, un giorno, da quel Fuoco.