Rifessioni sul silenzio da Schafer

“Qual è il suono di un albero che cade in un bosco quando non c’è nessuno ad ascoltarlo?”
Il suono è dato da una vibrazione di un corpo in oscillazione che propaga energia tra le molecole dell’aria, raggiungendo un mezzo ricettivo. Il medico e psicologo Alfred Tomatis scrive che “l’orecchio è un organo primario di consapevolezza”. E’ concepito essenzialmente per trasmettere una carica elettrica al cervello. La corteccia, poi, distribuisce in tutto il corpo la carica che ne deriva. La propagazione del suono dipende dalle caratteristiche fisiche dell’ambiente.

L’impulso dato non è il suono che si deve percepire, ma lo sfruttamento della trama molecolare. In mancanza di uno dei tre elementi fondamentali, quali la vibrazione, l’energia o il mezzo ricettivo, possiamo stabilire che il suono sia materia esistente?
Nella fisica quantistica, un fenomeno non è reale finché non viene effettuata un’osservazione: per questo, se non vi è misurazione del suono, il suono non esiste, o meglio, esiste in uno stato di indeterminazione finché non viene effettuata una misurazione. Un altro punto di osservazione può essere ricavato dall’applicazione del paradosso del gatto di Schrödinger: “Si rinchiuda un gatto in una scatola d’acciaio insieme alla seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilità d’essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un’ora forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, ma anche, in modo parimenti probabile, nessuno; se l’evento si verifica il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro.
Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un’ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato, mentre la prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato. La funzione dell’intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono degli stati puri, ma miscelati con uguale peso.

In un ramo probabilistico, essendoci due realtà possibili, entrambe sono ugualmente valide. Quindi da una mancanza di osservazione l’albero fa sia rumore, sia silenzio.
Siamo abituati a chiamare silenzio buona parte di ciò che non sia percepibile al nostro apparato uditivo. In realtà se quelle vibrazioni esistono e si propagano nell’aria, può essere chiamato silenzio quello che noi non percepiamo?
Partendo da questo presupposto, dovremmo chiamare silenzio tutto ciò che da noi è troppo distante per ritenerlo udibile. In questo modo legheremmo il concetto alla distanza. Considerare silenzioso un oggetto perché troppo distante non rende silenziosa nè la fonte nè l’oggetto sonoro, ma il suono non sarà comunque percepito. Per snodare la domanda iniziale bisogna tornare alla definizione primaria di suono. Il suono è una sensazione acustica, quindi legata alla percezione sensoriale, per questo il suono dell’albero che cade in quella foresta, in assenza di un ricevente acustico, non può esistere, ma possono esistere la vibrazione, l’onda, le particelle e la dispersione di qualcosa che non ha potuto prendere vita.